CASA “MARIO PETTOELLO”
Verona
2002
Progetto: arch. Giovanni Castiglioni A.c.M.e.studio
Committente: Coop. sociale ONLUS La Casa per gli Immigrati
Strutture: ing. Marco Montresor
Sicurezza: arch. Andrea Malesani
Situato nella parte residenziale della zona sud di Verona, l’edificio prende il posto di una modesta palazzina, ormai non più funzionale alle esigenze della committenza, con il programma di ricavare sei appartamenti per famiglie di lavoratori immigrati.
“Verona sud” rappresenta in questo frangente il vero nodo dello sviluppo urbanistico della città scaligera, il luogo in cui si concentreranno nei prossimi anni le maggiori trasformazioni: dal recupero dello preziosissime aree industriali dismesse (gli ex Magazzini Generali, il Mercato Ortofrutticolo, etc..), all’insediamento dei cosiddetto “polo finanziario” e “polo culturale”, fino all’evoluzione dell’attuale quartiere fieristico, tutte operazioni prefigurate – con alterno successo – nei piani recentemente predisposti dalle amministrazioni comunali.
Adattandosi alle prescrizioni urbanistiche, il progetto “dà un ordine” alla sagoma amorfa imposta dai regolamenti edilizi, organizzandola in un gruppo di volumi costituito da due parallelepipedi a base quadrata, allineati sulla via, e uno a base rettangolare, inclinato a seguire l’andamento dell’edificio adiacente. La distribuzione interna è basata su questa articolazione volumetrica: i due corpi quadrati ospitano la zona giorno dei vari appartamenti, mentre la zona notte è ricavata nel volume rettangolare che va ad innestarsi parzialmente negli altri due. Le scale si inseriscono nello spazio lasciato libero al centro della composizione. Il risultato è quindi un prisma sfaccettato generato dalla compenetrazione di tre solidi semplici.
Questa articolazione planimetrica, accentuata nello sviluppo volumetrico della composizione, rappresenta anche una sorta di interpretazione del contesto nella sua dimensione urbanistica, storicamente caratterizzato da una pluralità di funzioni, tipologie ed usi; una sorta micro-intervento quindi che tuttavia vuole contribuire, fornendo un senso, allo sviluppo di questo parte di città.
Poiché i tre piani, realizzabili in base agli indici di edificabilità previsti dal P.R.G., avrebbero ridotto il nuovo edificio ad essere sovrastato dalle fabbriche circostanti, si sono sollevati da terra i volumi di base poggiandoli su slanciati pilastri e pilotis. In questo modo si è ricavato un luminoso porticato, del quale è stata prevista solo una parziale pavimentazione; l’accesso abbondante della luce, reso possibile dall’altezza inusuale dell’interpiano, consente infatti al prato di estendersi anche al di sotto del fabbricato.
Inoltre questa accentuata permeabilità del piano porticato rappresenta un’ulteriore attenzione al contesto e all’integrazione di quest’oggetto nello stesso; l’assenza di una barriera fisica a livello del piano di campagna permette allo sguardo di penetrare attraverso l’edificio e di spaziare nei lotti adiacenti interpretando così anche il tema dell’accoglienza, attraverso l’uso ludico del giardino destinato – nelle intenzioni della committenza – allo svago e al ritrovo dei figli dei locatari con i bambini del quartiere.
Come ben sintetizzato dal sociologo Carlo Melegari, direttore del Cestim, si tratta di un vero e proprio “anti-ghetto”, pensato per sfatare il luogo comune, imperante nelle cronache recenti, che vede l’immigrazione come sinonimo di degrado sociale e abitativo.
Il trattamento degli esterni riflette l’organizzazione volumetrica e la distribuzione interna: i due volumi prospicienti la via sono intonacati in tonalità “Rosso Verona”, mentre quello nella parte più protetta del complesso, è caratterizzato da un semplice rivestimento ad intonaco bianco che lascia tuttavia trasparire negli sfondati i tre colori base che distinguono i piani anche negli interni.
L’unità della composizione è rafforzata dall’abbraccio della vela dei balconi che protegge i vari corpi di fabbrica, avvolgendoli in un unico movimento.
L’esigenza di permettere una accentuata trasparenza della facciata, mantenendo tuttavia le sue caratteristiche di oggetto unificante, ha consigliato di adottare una soluzione che permettesse una buona visibilità, sopratutto dall’interno degli appartamenti, mantenendo invece una efficace protezione dall’esterno.
Dopo aver vagliato numerose soluzioni, si è deciso di adottare una tecnologia estremamente semplice ed economica: un sistema di pannelli di lamiera forata in alluminio grezzo, montati su un telaio in profilati di acciaio secondo uno schema libero.
Questo elemento metallico leggero, oltre ad assolvere alla esigenze funzionali, è un riferimento al passato della zona su cui insiste l’edificio, storicamente caratterizzata dalla coesistenza di funzioni residenziali ed industriali, e allude ai temi sui quali si fonda la costruzione: l’accoglienza e l’integrazione.